MAGGIO — AGOSTO 2017

Gastronomia

Eataly a Mosca: mangiare come a casa. Doppia intervista per conoscere meglio Eataly Mosca

A cura di Alberto Brescancin

Finalmente l’attesa è finita: Eataly adesso è anche a Mosca. Inaugurato lo scorso 25 maggio al quarto piano del centro commerciale Kievsky, ha già iniziato a stupire moscoviti, expats italiani e turisti. Eppure, ci sono molti modi per apprezzare un luogo. Nel caso dell’Eataly di Mosca, il modo migliore è entrare e perdersi, lasciarsi guidare dalle proprie percezioni. L’odore del pomodoro lascerà spazio ai colori accesi delle verdure fresche, il vociare dei cuochi italiani accompagnerà i visitatori mentre gustano una bella fetta di tiramisù: una festa dei sensi. Cerchiamo però di capire meglio cosa significhi Eataly.

IMG_La Pizza

EATALY — IL PROGETTO

Eataly, come suggerisce il nome stesso, punta al “mangiare italiano”. Nella fattispecie, è un progetto globale, una catena di distribuzione e di ristorazione votata alla promozione della cucina e dei prodotti del Bel Paese. Il primo Eataly è sorto circa dieci anni fa a Torino, e da allora i punti vendita si sono allargati a macchia d’olio: da Roma a New York, da San Paolo in Brasile a Tokyo, passando per Doha e Istanbul. A oggi gli store sono 38, di cui 22 nella penisola della buona cucina.

IMG_Salumi & Formaggi Counter

L’investimento portato da Eataly a Mosca è considerevole, dato che si tratta del secondo punto al mondo per superficie: 7500 metri quadri dotati di ben 19 punti di ristorazione tra ristoranti, bar e banconi di vendita diretta. I visitatori potranno scegliere tra 6000 prodotti diversi, molti dei quali verranno prodotti in loco grazie ai 6 laboratori di produzioni presenti in sede (dalla pasta fatta a mano alla birra artigianale, dal gelato ai formaggi, ben conservati nella camera di stagionatura). Il tutto, va notato, supportato da importanti marchi del design italiano, in grado di creare un’atmosfera dal gusto moderno e confortevole.

Insomma, un’offerta ampia e generosa, ma che rispetta i valori portanti di Eataly: cibo buono, sano ed equo, rispetto della tradizione italiana e sostegno alla produzione locale di buoni prodotti alimentari.

EATALY — L’INTERVISTA

Mosca Oggi ha avuto la fortuna di poter parlare con Simone Tosato, franchising director di Eataly a livello globale. Ecco cosa ne è uscito.

PIC_Simone Tosato

Mosca Oggi — Simone, perché Mosca?

Simone Tosato — Il progetto di Eataly per Mosca nasce nel 2013, quando abbiamo deciso di investire nelle potenzialità della piazza moscovita, dove moltissime persone amano l’italianità e la buona cucina. Ovviamente, a quel tempo la situazione economica era diversa da quella attuale, ma non ci siamo arresi.

M.O. — La Russia però è grande: avete intenzione di espandervi ulteriormente?

S.T. — Certo, l’idea sarebbe quella di espanderci non solo in Russia, ma in tutta l’area dei paesi post sovietici. Ovviamente necessitiamo di tempo per assestarci: i primi 6-9 mesi saranno fondamentali per un ottimo avvio, e la possibilità concreta di espansione potrebbe apparire già tra uno o due anni.

IMG_Pane & Vino

M.O.  — Parliamo di numeri. Quali sono i vostri obiettivi?

S.T. — In termine di visite, intendiamo ottenere 2000 visitatori giornalieri nel settore ristorazione e 800 visitatori nelle vendite dirette. Per ora, la prima settimana dopo l’inaugurazione ha visto 10.000 persone mangiare in Eataly. Un inizio senz’altro positivo, siamo soddisfatti, e attendiamo ulteriori miglioramenti.

M.O.- E in questo senso, come intendete promuovere Eataly?

S.T. — Oltre al passaparola abbiamo scelto dei canali specifici per far conoscere Eataly ai moscoviti. In primo luogo, la radio: a differenza dell’Italia, qui la gente passa molto tempo in macchina, nel traffico cittadino. Poi, ci saranno canali più convenzionali, come i social network e i portali d’accesso alla rete Wifi della metro. Inoltre, contiamo di promuovere Eataly anche negli spazi degli Aeroexpress, per intercettare i flussi turistici.

IMG_Meat Counter

M.O. — Come ti sei trovato a lavorare coi russi?

S.T. — Voglio essere sincero: non sempre è stato facile. La collaborazione con i partner va affrontata di petto. Questa è forse una leggera differenza culturale rispetto al mondo del lavoro italiano. Oltre a questo, però, va detto che ho incontrato molta professionalità e con i russi si lavora bene.

M.O. — Hai potuto visitare moltissimi Eataly sparsi per tutto il mondo. Che impressioni hai di quello moscovita?

S.T. — Devo dire che si respira un’aria molto italiana, l’atmosfera è proprio quella ideata e voluta da Eataly, che qui ha saputo sfruttare al meglio l’enorme spazio che aveva a disposizione.

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M.O. — Sappiamo che Eataly punta molto sui prodotti locali. Come è possibile, per un produttore, collaborare con voi?

S.T. — Si parte innanzitutto dalla presentazione del prodotto, a cui seguirà l’attenta valutazione del nostro team acquisti. Va da sé che i prodotti con cui collaboriamo devono rispettare le normative italiane ed europee. I controlli devono poi verificare che tutti i processi produttivi rispettino i protocolli di genuinità che garantiamo al cliente finale.

M.O. — Parlando ancora di partnership, vediamo che collaborate anche con alcuni top-player dell’alimentare italiano, marchi di spessore internazionale. Perché?

S.T. — Si tratta di una politica che Eataly segue unicamente all’estero. Infatti, al di fuori del territorio italiano abbiamo bisogno di presentare al cliente finale qualcosa che può riconoscere da subito. In questo modo stabiliamo un punto di contatto con il mercato locale, che negli spazi Eataly può già riconoscere qualche marchio noto e, eventualmente, allargare il proprio orizzonte gastronomico.

IMG_Nutella Bar

M.O. — Infine, la domanda più importante. Al di là dei numeri, quando potrete sentirvi soddisfatti?

S. T. — Eataly vuole regalare ai moscoviti l’autenticità italiana. E questo è il nostro obiettivo: fare in modo che chiunque passi per di qua entri in contatto con materie prime di qualità e con la sostanziale semplicità della cucina italiana. Intendiamo poi anche educare, far conoscere il mondo del cibo italiano, e per questo verranno lanciati dei corsi di cucina e iniziative ad hoc. Più i moscoviti conoscono la gastronomia italiana, più sapranno riconoscerne la qualità, prestando attenzione a materie prime, gusti, preparazione dei piatti.

Mosca Oggi ha poi incontrato Giuseppe Priolo, uno degli chef dell’Eataly di Mosca. Vediamo com’è andata.

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Mosca Oggi — Giuseppe, raccontaci un po’ di te. Da dove vieni e cosa ti ha spinto a Mosca?

Giuseppe Priolo — Sono originario di Palermo, e proprio nel capoluogo siciliano ho mosso i primi passi da cuoco. In Italia ho lavorato anche a Roma e a Milano, e non sono mancate le esperienze all’estero, per esempio a Doha, Istanbul, Il Cairo. Ovunque andassi, però, sia nella banchettistica che nella ristorazione, ho mantenuto un forte legame con la mia terra, la Sicilia. In Russia ci sono arrivato oltre otto anni fa, quando un amico mi ha proposto di lavorare a San Pietroburgo: mi sembrava un’occasione allettante dal punto di vista professionale e quindi feci le valigie. Quando poi è apparsa la possibilità di lavorare con Eataly a Mosca, non ho rifiutato, ed eccomi qua.

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M.O. — Come ti sei trovato nel mercato russo e come pensi di conquistare i moscoviti?

G.P. — Ti dico la verità, mi sono trovato molto bene. Lavorare con i russi è semplice: se ti dai da fare e hai qualità verrai adeguatamente apprezzato, e in questo senso ho avuto molte soddisfazioni. Quanto alla conquista dei moscoviti, dovete sapere che a me piace un po’ andare contro tendenza: non voglio seguire a tutti i costi le mode del momento, perché sono passeggere. Quello che resta è invece la base, la cucina classica, la tradizione italiana. Sono i gusti e i sapori della semplicità. Ed è quello su cui punterò, magari con qualche leggera rivisitazione.

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M.O. — Ci sono delle similitudini tra russi e italiani, quando si parla di ristorazione?

G.P. — Certo, come no! Entrambi puntano alla sostanza. Il che vuol dire porzioni generose, presentate senza troppe formalità. Ovviamente, anche in Russia hanno imparato ad apprezzare la qualità degli ingredienti, delle materie prime.

M.O. — Le materie prime, appunto, e tocchiamo un tasto dolente: come farete con le sanzioni?

G. P. — Come ben sai in Eataly siamo “conservatori”, per noi la materia prima è fondamentale. Fortunatamente, siamo arrivati dopo l’applicazione delle sanzioni, potendo quindi adeguarci fin da subito alla situazione presente e cercando di sfruttare l’offerta locale. In questo senso, abbiamo iniziato a supportare i produttori locali, trasmettendo le nostre esperienze. Prendi i prodotti caseari, per esempio: qui in Russia abbiamo del latte buonissimo, e potremmo avere delle mozzarelle ancora più buone di quelle italiane. In questo senso, la nostra più grande soddisfazione è adattarci al mercato, mantenendo la nostra dimensione globale con una forte impronta locale.

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M.O. — Quando parliamo di cucina italiana, parliamo però di tanti mondi diversi, con molte variazioni regionali. Come la pensa Eataly?

G.P. — Nell’Eataly di Mosca c’è spazio per tutti: dalla fiorentina al pesto genovese, dalle arancine siciliane alle paste fresche dell’Emilia. La diversità regionale sarà garantita e offerta, nella sua ampiezza, ai visitatori moscoviti.

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M.O. — Film, programmi TV, libri: ovunque abbiamo ricette, cuochi, piatti tipici. Come vedi la cucina italiana in questo senso?

G.P. — Sai, penso ci siano due cucine italiane. Da una parte, la cucina classica, quella presente nella tradizione e nei libri e, per molti versi, ancora avvolta nel mistero. Dall’altra, la cucina degli chef contemporanei, molto presente nei media e profondamente “personalizzata”. Ritengo che, in ogni caso, anche la nuova cucina italiana riprenda molto il passato, le nostre origini. In questo senso, dobbiamo molto al Sud Italia e ai cuochi del Mezzogiorno, vero e proprio traino del cibo all’italiana, anche rivisitato.

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M.O. — Piccola curiosità: qual è il tuo piatto russo preferito?

G.P. — Adoro i syrniki con la smetana. La stessa smetana è una pietanza molto versatile, si adatta a molti contesti diversi. Mi piacciono anche i pel’meni, mentre non riesco a farmi piacere le zuppe.

M.O. — Ultima domanda: quale sarà la tua più grande soddisfazione, qui in Eataly?

G.P. — Potrò sentirmi soddisfatto quando i visitatori inizieranno a imparare, a capire i sapori, a indovinare la provenienza, ad apprezzarne l’origine. Uscendo da Eataly dovrà dire “Caspita, ma è come in Italia”. Questo è il mio obiettivo.

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Finita l’intervista e posata la penna, vediamo alcune ragazze alle prese con un selfie davanti alla camera di stagionatura dei formaggi. Poco più in là c’è la coda per assaggiare la piadina romagnola o, per i più golosi, il cannolo siciliano. Oltre le bancarelle di frutta e verdura fresca, invece, una giovane coppia legge un libro italiano di ricette.

Eataly è un po’ museo e un po’ bar sotto casa, un po’ bottega e un po’ ristorante per famiglie, un po’ laboratorio e un po’ mercato. In ogni caso, è genuinamente italiano.

MAGGIO — AGOSTO 2017