№ 1 GENNAIO - FEBBRAIO 2017

Gastronomia

Non sempre la stessa minestra

A cura di Massimiliano Beretta

Ogni abitudine o differenza culturale è il risultato di interpretazione e atteggiamento verso qualcosa o qualcuno, ad esempio entrando in una casa russa è abitudine e buona educazione sfilare le calzature che indossiamo, per rispetto alla casa, al padrone e padrona di casa e per chi solitamente investe molta fatica nella pulizia della stessa, il tempo meteorologico e le temperature sono rilevanti e, laddove  il tempo è caratterizzato da neve e pioggia come la Federazione Russa, alcuni metodi di comportamento sono più importanti piuttosto che altri.

Allo stesso modo l’alimentazione, che molto si differenzia dalle latitudini e dalle materie prime che madre natura ci mette a disposizione, il buio, il freddo, la neve, la pioggia, e tutte quelle condizioni che reputiamo essere tipiche della stagione invernale o limitrofe ad essa, per una sorta di bilanciamento e ritrovare un certo equilibrio, ci inducono a desiderare alcune cose più che altre (un camino acceso piuttosto che un climatizzatore, un grosso maglione di calda lana piuttosto che una maglietta in cotone e una calda e ristoratrice zuppa o minestra, piuttosto che un’insalata).

Ma pochi pensano che ad una buona zuppa o minestra si possa abbinare un buon bicchiere di vino, che si integra perfettamente alle coccole fornite dalla pietanza calda e calorosa, che colora la tavola e si presta come strumento di aggregazione, riscaldando animo e cuore dei commensali.

Generalmente le tipologie di vino che si preferiscono durante la stagione invernale sono i vini rossi, neri e passiti, ma questi ultimi raramente si abbinano a una zuppa o minestra.

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Un primo consiglio riguarda la temperatura, nel senso che il calore della pietanza potrebbe far percepire una sensazione pseudo-calorica maggiore rispetto a quella effettiva. Sostanzialmente la percentuale di alcool sembrerebbe avere un valore più alto, quindi due piccoli accorgimenti si possono rivelare provvidenziali: il primo sarebbe quello di servire il vino a una temperatura leggermente inferiore a quella prescritta; il secondo di attendere che il palato assuma una temperatura più bassa dopo aver deglutito la quantità di zuppa o minestra.

Ma a questo punto si presenta un problema pratico e una differenza sostanziale dell’abbinamento in oggetto. Rispetto a un abbinamento con pietanze meno bollenti, questi piatti serviti e da consumare ad alte temperature, necessitano di fare almeno 3-4 pause per completare la degustazione della pietanza, approfittando di queste per integrare le sensazioni gustative di zuppa o minestra, che via via diventano meno intense al palato, con uno o due sorsi di vino, che non solo hanno lo scopo di abbinarsi nei modi alla pietanza, ma ristabiliscono ed enfatizzano il desiderio di continuare il pasto.

Una delle principali differenze tra le zuppe o minestre italiane e quelle russe consiste nel fatto che in Italia moltissime hanno ingredienti a tendenza dolce, da non confondere con la dolcezza, perché la tendenza dolce la danno per esempio le patate, le castagne, i legumi, le carni e moltissime verdure.

Anche in Russia si utilizzano questi ingredienti, ma vengono aggiunti ingredienti principali che modificano il gusto finale, caratterizzando le minestre o zuppe per la loro tendenza acida o salata e comunque con gusti più decisi per l’aggiunta di spezie in quantità (per esempio il cavolo, che fornisce una evidente tendenza acida, oppure in altre si aggiungono panna acida o il cetriolo, che ha tendenza acida).

Lo Shchi, per esempio, è una famosa zuppa a forte tendenza acida fornita dal cavolo e dalla panna acida, sulla base di un brodo di carne e con verdure che devono essere aggiunte rigorosamente crude e che, come tutti gli elementi con questa tendenza, risulta di difficile e improbabile abbinamento. Per questo piatto possiamo pensare a un vino bianco di struttura e morbidezza, magari un bianco secco senza troppe caratteristiche di acidità e che possa aver anche svolto un leggero affinamento, con il risultato di ritrovare un gusto preciso, intenso, piacevole, per esempio la Nosiola del Trentino, che rispecchia queste caratteristiche.

Nosiola è un vino che si crea solo in questa determinata zona nei pressi del Lago di Garda, che gode di un clima particolarmente favorevole grazie all’azione dello stesso e beneficia della famosa ora del Garda, che sarebbe un vento tipico di questo lago, il quale con forza si insinua nelle vallate circostanti, creando un microclima asciutto e sano. Nosiola sarebbe la nocciola in dialetto del luogo, perché il gusto base del vino ricorda questo tipo di frutto.

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Possiamo anche pensare di abbinare un vino abboccato come la Malvasia di Candia aromatica dei Colli piacentini, che con la sua personalità e rotondità al palato, potrebbe creare sfumature di gusto in abbinamento alla menzionata zuppa, attenuando l’importante acidità e lasciando al palato la leggera sensazione zuccherina che richiamerà la stessa.

Le origini del vitigno Malvasia, sono da ricercarsi nella città di Monemvasia nell’isola di Candia, l’attuale Creta in Grecia: qui arrivavano tutti i vini greci, soprattutto vinificati con la tecnica dell’appassimento al sole, ed essendo una finestra sul Mediterraneo e un un porto importante, vide la repubblica di Venezia con i suoi commercianti divulgare sia il vino che le piccole piante di vite in tutta Europa e ovviamente anche in Italia, quindi ogni vino proveniente da quel porto venne nominato Malvasia, anche se questo vitigno nello specifico ha 16 varianti, con caratteristiche spesso abbastanza differenti.

L’Ucha è invece una particolare zuppa di pesce, anche se fin dal XI secolo ogni piatto in qualche modo liquido o che contenesse brodo veniva definito con questo termine, successivamente acquisì una specifica identità, che la vide come solo ed esclusivamente di pesce, anche se ovviamente ci sono altre varianti. Andiamo però ad abbinarla con qualcosa di interessante, che potrebbe essere un Greco di Tufo, molto minerale soprattutto con il passare degli anni e con qualche accenno tannico, in modo da contrastare la caratteristica liquida della zuppa, avendo corpo, struttura e agilità.

Il Greco di Tufo è un vino tipico della regione Campania: l’origine delle uve è greca come si deduce dal nome, e vi sono tracce dell’esistenza di questo vino in Campania fin dal I secolo A.C. testimoniato da un affresco allocato negli scavi di Pompei, dove si parla esplicitamente di questo vino, che inizialmente veniva coltivato sulle pendici del Vesuvio, per poi trovare il proprio habitat ideale nella zona di Tufo e in alcuni paesi limitrofi, tutti in provincia di Avellino.

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Ma in Russia magari potremmo avere il desiderio di gustare qualche piatto italiano, conosciuto in Italia e addirittura in qualche ambiente famigliare, come la Stracciatella alla romana, brodo di carne e un misto di uova e parmigiano, che immerso nel brodo si decompone creando stracci a misura di cucchiaio (ecco il motivo del nome), quindi essendo una zuppa di chiara tendenza dolce, alla quale può essere aggiunto un pizzico di pepe nero che però non influisce troppo, si potrebbe abbinare un vino bianco di buona aromaticità, minerale e ovviamente secco, magari non allontanandosi troppo dal punto di vista territoriale, come un buon Frascati superiore.

Frascati è una cittadina nei pressi di Roma, che dona il suo nome anche a un vino bianco: coltivato su terreni vulcanici, esso possiede note fragranti e cineree, quindi sapido e minerale. Conosciuto anche in epoca romana, era il vino preferito di personaggi di spicco e successivamente venne apprezzato anche dai Papi, che trascorrevano i periodi di riposo in questa zona.

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Cambiando leggermente zona e minestra, ma sempre rimanendo in Italia, si potrebbe considerare la zuppa di fagioli e castagne, tipica dell’appenino romagnolo, dove la coltivazione della castagna è plurisecolare e fonte di sostentamento. Minestra con fortissima tendenza dolce, quindi possiamo anche azzardare un vino rosso, come un Sangiovese superiore di Bertinoro, dove freschezza, frutto e tannino preciso si adattano in modo perfetto con il corpo e i gusti del piatto.

Sembra che il vitigno fosse noto agli Etruschi e si sia diffuso in tutta l’Italia centrale, seguendo le rotte commerciali. Un’altra leggenda parla di Sanguis Jovis (sangue di Giove), nome apparentemente attribuito da un frate cappuccino durante un banchetto che ospitava il Papa Leone XII. Le prime fonti attendibili sono intorno al 1500, dove viene descritta una degustazione di Sangioveto, la sua origine ampelografica deriverebbe da Ciliegiolo e un vitigno del sud emigrato al nord, il Calabrese Montenuovo che si direbbe scomparso.

Torniamo ancora nella splendida Russia per gustare Borshch, dove l’ingrediente principe è la barbabietola, con il caratteristico colore e che fornisce una leggera tendenza dolce, su base sempre acidula, che tuttavia è poco consistente: per rispettare il gioco di colori con sfumature cromatiche, possiamo provare un rosato non troppo imponente, ma piacevole e non aggressivo, un Lambrusco di Grasparossa rosato, che può farsi apprezzare, spiritoso e bevibile.

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Lambrusco, vino tristemente famoso per essere considerato dozzinale, trova invece interessanti espressioni, in special modo con le rifermentazioni in bottiglia che gli donano corpo e complessità, soprattutto per quel che riguarda il Grasparossa di Castelvetro in provincia di Modena. Perché c’è da sapere che la famiglia dei Lambruschi è ampia e ogni uva possiede caratteristiche molto diverse: Salamino di Santa Croce, Mantovano, Sorbara, tutti sono differenti tra loro, con differenti espressioni di territorio e quindi donano vini diversi.

Se infine vogliamo una zuppa con differenti varianti, la Solyanka stimola la degustazione e la fase di abbinamento al vino, essendo una zuppa dedicata agli avanzi, ha un gusto salato e deciso nella maggior parte dei casi e andrebbe abbinata con un vino importante e morbido, un Friulano riserva macerato del Friuli Venezia-Giulia, dove la costante morbidezza, il frutto polposo e imponente dovrebbero bilanciare il carattere forte di questa zuppa.

Confrontando zuppe e minestre italiane e russe, vengono evidenziati i caratteri diversi delle materie prime e le modalità di preparazione: in Russia non sono troppo graditi vini con spiccata acidità, meglio se morbidi. Al contrario, invece, in Italia, alimentazione e clima fanno dell’acidità una caratteristica imprescindibile per un vino, e sono apprezzati bianchi, rosati, arancioni, rossi e neri.

Evviva le differenze, che non fanno della nostra vita la stessa minestra!

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