20.01.2016

Il grande regista aveva 84 anni. Con i suoi capolavori, da «C’eravamo tanti amati» a «Una giornata particolare» a «La terrazza», ha raccontato l’Italia. 

Si intitola Ridendo e scherzando il film con cui Ettore Scola ha detto addio al cinema e al suo pubblico. Un documentario con cui le sue figlie, Paola e Silvia, lo hanno restituito nella sua complessità di regista, artista e padre. E ridendo e scherzando il regista, morto oggi all’età di 84 anni nel reparto di cardiochirurgia del Policlinico di Roma, ha attraversato più di cinquant’anni di cinema e storia italiana. Con lui se ne va l’ultimo grande maestro della commedia italiana.

223801128-ae599701-1fe0-4275-b06d-b1c12d1c4917

Con il suo cinema ha raccontato l’Italia che si riscattava dal fascismo e cercava di dimenticare la guerra, con un linguaggio profondo ma lieve ha saputo tratteggiare tutti i tipi di italiani, dagli intellettuali di sinistra che si davano convegno sulle «terrazze» ai commercianti in competizione sleale, ha dato voce al radiocronista licenziato e mandato al confino perché omosessuale e alla casalinga schiacciata dalla prepotenza del marito fascista, i genitori che passavano la notte davanti alle scuole e i militanti comunisti in crisi di identità e di fedeltà.

Una carriera e una vita nel segno dell’impegno civile, politico e sociale che lo portò tra l’altro a far parte del governo ombra del Partito Comunista Italiano, nel 1989, con la delega ai Beni Culturali.

Il Marc’Aurelio e i suoi scarabocchi. Nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931, Ettore si trasferì a Roma con la famiglia da bambino. Già quindicenne la sua passione per il disegno iniziata a cinque anni lo portò nella redazione della rivista umoristica Marc’Aurelio dove collaborava un giovane artista, di dieci anni più grande, Federico Fellini. Con quelli che poi lui chiamerà «scarabocchi», vignette, bozzetti che lo accompagneranno sempre, riuscì a trovare il suo spazio in un ambiente di grande fermento culturale. Finito il liceo classico Pio Albertelli, il giovane Scola si iscrisse a Giurisprudenza. Ma il suo destino non era nel mondo dei tribunali.

Parole, parole, parole e poi il cinema. Fin dagli anni Quaranta Scola collaborò a trasmissioni e varietà per la radio e la neonata televisione, ma già a metà degli anni Cinquanta il cinema finì per prendere il sopravvento prima come sceneggiatore collaborando con Age e Scarpelli, per film come Un americano a Roma (1954), La grande Guerra (1959) e Crimen (1960) e poi con il passaggio dietro la macchina da presa. L’esordio alla regia è del 1964 con il film Se permette parliamo di donnescritto con l’amico Ruggero Maccari e interpretato da Vittorio Gassman, che insieme a Nino Manfredi e Marcello Mastroianni sarà uno degli attori preferiti da Scola.

Il successo con Sordi… in Africa. Il primo vero successo popolare Scola lo ottenne con la commedia amara Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? con Alberto Sordi, Nino Manfredi, Bernard Blier, una critica all’arroganza degli italiani benestanti nei confronti del Terzo Mondo. Il film fu il campione di incassi della stagione ’68-’69 e gettò le basi per una collaborazione con Sordi che sarebbe poi durata altri tre film, La più bella serata della mia vita (1972), alcuni episodi del film collettivo I nuovi mostri (1977) e Romanzo di un giovane povero (1995).

Negli anni Settanta, «Ci eravamo tanto amati». Con Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia — Tutti i particolari in cronaca (1970) Scola entrò nel decennio più significativo della sua carriera. Nel 1974 realizzò C’eravamo tanto amati, film che ripercorre trent’anni di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli). Il film è un capolavoro che lo consacrò definitivamente tra i grandi del cinema italiano regalandogli anche la fama internazionale con premi al festival di Mosca, il César francese e tre Nastri d’argento e confermando anche il suo successo di pubblico.

Sulla «Terrazza» della sinistra italiana. Nella seconda metà del decennio Scola firmò Brutti, sporchi e cattivi (1976), con cui vinse il premio per la regia a Cannes, una sua personale rivisitazione delle periferie raccontate da Pasolini (che infatti avrebbe dovuto filmare una prefazione ma fu assassinato durante la lavorazione del film). Poi Una giornata particolare (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni: sullo sfondo della visita di Adolf Hitler a Roma si consumano poche ore della vita di un radiocronista omosessuale e della sua vicina di casa, una casalinga frustrata madre di sei figli e moglie di un fascista prepotente. Il film valse al regista una delle sue quattro candidature all’Oscar come migliore pellicola straniera e vinse il Golden Globe. Nel 1980 il registrò La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Un film di cui il regista recentemente ricordava che «fu recensito al di fuori del gruppo di critici cinematografici che solitamente parlavano del mio cinema, perché molti si sentirono convocati da quei temi. Così del film scrissero Scalfari, Tabucchi, Bocca perché parlava della posizione di vari intellettuali di cinema o letteratura scontenti di quello che avevano realizzato nella vita perché probabilmente avrebbero potuto fare di più».

Gli anni Ottanta: la famiglia e la nostalgia. Emblema degli anni ’80 di Scola è il film La famiglia (1987), commedia che ripercorre 80 anni di storia italiana (1906-1986) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant. Accolto con entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico, il film ottenne sei David di Donatello, sei Nastri d’Argento e una nomination all’Oscar come miglior film straniero. Il resto degli anni Ottanta furono segnati ancora dalla collaborazione con Marcello Mastroianni e da una certa vena di nostalgia: sia Splendor, dedicato ad una sala cinematografica che sta chiudendo, sia Che ora è?, sulla difficoltà di comunicazione tra un padre (Mastroianni) e un figlio (Troisi), raccontano un mondo che non esiste più.

Gli anni della concorrenza sleale. Nel decennio successivo Scola cominciò a rallentare la produzione cinematografica e scelse di chiudere la sua filmografia con due opere: La cena ancora con Gassman, Ardant e Giancarlo Giannini, tutto ambientato in un’unica sera in una trattoria romana dove sono riuniti una quarantina di personaggi rappresentanti della borghesia italiana, e Concorrenza Sleale con Diego Abatantuono e Sergio Castellitto nei ruoli di due negozianti in lotta commerciale nell’Italia scossa dalle leggi razziali.

L’epoca berlusconiana e gli ultimi film documentari. Per tutti gli anni in cui Silvio Berlusconi è stato al governo Scola ha detto che non avrebbe più fatto film. Nel 2009, inaugurando una mostra con i suoi «scarabocchi», affermò: «All’inizio ho smesso di fare cinema per colpa di Berlusconi, ma ora lo ringrazio, ho finito con i film. Mi sono trovato altre cose da fare e non ne avrei più il tempo». Negli ultimi anni però Scola aveva invece firmato due documentari: uno dedicato alla sua città d’adozione, Gente di Roma, e un altro al suo grande amico Federico Fellini raccontato a partire proprio da quella fucina culturale del Marc’Aurelio dove lo aveva conosciuto, Che strano chiamarsi Federico.

Ridendo e scherzando. Ettore Scola era sposato con la sceneggiatrice e regista Gigliola Scola. Insieme alle sue due figlie Paola e Silvia aveva presentato a novembre alla Festa di Roma il documentario che raccontava la sua vita e la sua carriera, Ridendo e scherzando. In quell’occasione aveva detto: «Il cinema è un lavoro duro ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazione sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita».

Fonte: http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2016/01/19/news/ettore_scola-131618646/

it-ist-00-1

art.unicredit.ru