№ 5-6-7 MAGGIO - LUGLIO 2016

Formazione e Lingua

R(i)esistere: la web series "Voci della Resistenza" per un'educazione storica

A cura di Simonetta Sandri
Foto: Giuseppe Muroni

“Voci di Resistenza” è una web serie di lettura interpretata in quattro episodi (con Francesca Valtorta, Giorgio Colangeli, Stella Egitto e Stefano Muroni), scritta e diretta da Giuseppe Muroni, prodotta dall’Enciclopedia Treccani. Prima web serie di Treccani Tv, pensata per il 70esimo della Liberazione, è andata in onda su questo canale, sul portale internet dell’Istituto e sui social media, a dicembre 2015 e gennaio 2016. I link video sono visionabili e inseriti all’interno dell’articolo, alla fine della descrizione di ogni episodio. Progetto educativo davvero interessante.

A quelli e quelle che faranno il secolo che inizia, diciamo con affetto: Creare è resistere. Resistere è creare. (Stéphane Hessel)

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Alcuni anni fa visitando, a Palazzo Braschi a Roma, la mostra fotografica di Robert Capa sulla Seconda Guerra Mondiale, mi domandavo come l’Italia avesse potuto vivere tutto questo, come avesse potuto sopravvivervi e, infine, rialzarsi, in quegli anni Cinquanta operosi e importanti. Mi chiedevo anche come si potesse e si dovesse far sapere tutto ai giovani, comunicare loro correttamente le conseguenze e i drammi di quella terribile tragedia, perché avessero memoria di una guerra che ci aveva devastati, perché non dimenticassero i sacrifici dei loro nonni, dei loro padri e delle loro madri, perché capissero da dove venivamo e quanto tristi, miserabili, poveri e disperati avevamo potuto essere.

La guerra non si dimentica, da essa si deve imparare perché nulla si ripeta, mai. Andava detto, ridetto, ripetuto fino allo sfinimento. Per questo, su vari giornali scrivevo di quella mostra, invitavo a visitarla, nella speranza che qualche giovane in più ci andasse, per capire, per pensare, per sapere, per conoscere, per trasmettere, per non dimenticare.

Memore di quelle riflessioni, oggi mi ritrovo davanti il progetto web di Giuseppe Muroni, quasi avesse magicamente letto nei miei pensieri di allora. Innovativo, interessante, intelligente, illuminante, lungimirante. Voci di resistenza vuole ricordare e far sapere, comunicare con piccole storie, e lo fa con quanto di più umano abbiamo, gli strumenti più semplici: i gesti, la voce, la parola di attori (e che attori), in una sala in penombra. Nessun oggetto a distrarre la memoria, nessuna coreografia che ci porti in un luogo preciso, perché la guerra non ha un luogo preciso, ci sono solo le parole che evocano sensazioni. Solo quelle, null’altro, un’autentica esperienza partecipativa.

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Voci di resistenza è un progetto originale, presentato la settimana scorsa nella Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica a Roma, storica sala nella sede dell’Istituto Treccani, alla presenza dell’ex Ministro alla Cultura Massimo Bray, nonché direttore dell’Istituto, e del critico cinematografico Bruno Roberti, un viaggio storico-emotivo in cui viene ripercorsa l’Italia, da Sud a Nord, dopo settant’anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale.

La potente e incisiva storia orale si interseca con la letteratura, il teatro di narrazione incontra il cinema, generi e stili si contaminano tra loro: in scena viene portato il dramma dell’uomo turbato dal peso degli eventi della Storia. Si torna indietro per ascoltare il pensiero e il respiro, ora affannoso ora apatico, di uomini e donne testimoni di atti di ferocia collettivi e individuali. Il viaggio, suddiviso in quattro tappe distinte, si trasforma in un viaggio nella memoria, dove la memoria resiste opponendosi all’oblio e al pericolo del presente permanente. Quattro attori per quattro monologhi teatrali della durata di cinque minuti ciascuno. Francesca Valtorta, Giorgio Colangeli, Stella Egitto e Stefano Muroni danno voce a quattro eventi che hanno caratterizzato la storia del nostro paese durante la Seconda guerra mondiale: le stragi di Marzabotto, gli stupri in Ciociaria, il contributo dei soldati polacchi del generale Anders nella Campagna d’Italia, le azioni partigiane ad Alba, da raccontare al pubblico in modo assolutamente nuovo.

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Lunedì 14 Dicembre è andato in onda, sul canale della Treccani Tv, sul portale internet dell’Istituto e sui social, il primo monologo, Sul monte non batte il sole, recitato da Francesca Valtorta, dedicato alla terribile strage di Marzabotto, episodio buio e raccapricciante della nostra storia.

In un attimo mi sono ritrovata nelle sensazioni descritte da mia nonna e da mia madre, quando da piccola ascoltavo i loro racconti, inizialmente un po’ annoiata poi sempre più interessata e coinvolta. Ho sentito lo scalpiccio raccapricciante di quegli scarponi allineati e rumorosi, passi frettolosi e strisciati di persone umili che, con le loro vite semplici e modeste, scappavano qua e là alla ricerca di un rifugio, senza capire, le urla che intimavano di mettersi in fila, l’armonica che riportava per un attimo a una dimensione umana, insieme alla fotografia di un bambino che un soldato mostrava alla mamma, i fucili puntati che, alla fine, non avevano pietà. Che miravano e colpivano. Ancora senza un perché. Una lancetta dell’orologio che va indietro nel tempo, che mi riporta in un luogo buio, che ci riporta tutti in luogo buio, quello di una memoria che sta chiusa in una stanza scura che non ha luogo, ma qui, in questa storia, il luogo c’è, eccome, anche se potrebbe esser quello di qualsiasi sporca guerra, qui c’è.

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E’ quello di Marzabotto, il lago nero di 800 civili sterminati per “fare pulizia”, per sgomberare un’importante area strategica a ridosso della Linea Gotica cercando di contrastare, al contempo, la brigata partigiana Stella Rossa di Lupo, molto attiva nel territorio e sostenuta dalla popolazione locale. Il momento storico è quello dell’operazione di rastrellamento intrapresa dalle truppe tedesche, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nell’Appennino bolognese intorno a Monte Sole. Dalle frazioni di Grizzana, Pioppe di Salvaro, Vado e dalla periferia di Marzabotto, le truppe, comandate dal maggiore Walter Reder, mossero verso le abitazioni, le chiese e le scuole. Fu l’inizio della strage voluta dai nazisti di Albert Von Kesselring, sei giorni di violenze terribili. Una ferita ancora aperta e che non si rimarginerà mai.  Il monologo Sul monte non batte il sole, con un’intensa e bravissima Francesca Valtorta, ci riporta in quel percorso di morte di povera gente allineata e fucilata, impassibile, impotente, stordita, confusa, esibita, come macabri dipinti, nelle stalle, nei giardini, nelle corti, nelle chiese, nei loro poveri oratori, nei cimiteri. Calci, pugni, miseri e inutili tentativi di fuga, scherni disumani, donne in gravidanza trucidate, bambini a cui chiudere gli occhi per sempre, parroci inermi, una donna, Amelia Tossani, che vuole fuggire a ogni costo. Aperta la porticina viene freddata da un soldato tedesco sulla soglia, sì ché il suo corpo rimane metà dentro e metà fuori e la notte i maiali randagi ne rosicchiano il capo fra l’orrore di chi, impotente, assiste a tale spettacolo. Anche i maiali erano affamati, in quella orribile guerra, ricorda Francesca. Tutto sapeva e sa di morte, di fame di perché. Una lettura che coinvolge, che svolge un’operazione didattico-divulgativa di comunicazione di frammenti di storia. Che pesa su una sorte terrificante che ha colpito molte famiglie nel mondo: la tragedia della guerra. Per non dimenticare. (video in http://www.treccani.it/webtv/videos/voci_res_valtorta.html).

Il secondo episodio, Io partigiano è uscito il 21 Dicembre, dedicato ai fatti, non noti a molti, del 10 ottobre 1944: duemila partigiani che entrano ad Alba e vi istituiscono una Repubblica partigiana. Una resistenza di 23 giorni, prima di cedere nuovamente la città all’esercito della Repubblica Sociale Italiana. Quelle armi insolenti e insidiose che non perdonano, quelle menti che perseverano in un errore che le condannerà. La Repubblica partigiana di Alba, esemplificativa delle eroiche azioni partigiane in Piemonte, è consegnata alla memoria dalle pagine di Beppe Fenoglio, nei suoi 12 racconti I ventitré giorni della citta di Alba, del 1952. Sei racconti sono dedicati a episodi della guerra partigiana, altri sei sono descrizioni della vita contadina in Italia fra il 1939 e il 1945.

E’ proprio il primo episodio di Fenoglio a narrare la conquista partigiana di Alba, mesi di lotte estenuanti sulle colline che avevano enormemente provato il presidio fascista che, in seguito a trattative, aveva lasciato la città in colonna ordinata, in direzione nord, inseguita solo da alcuni forti colpi di mortaio. I partigiani, appartenenti soprattutto alla II divisione Langhe, erano entrati nella città e l’avevano occupata senza combattere. Alba era una città presidiata da loro presidiata ma il controllo non poteva durare a lungo (nessun vero supporto alleato). Fascisti e tedeschi ne iniziarono la riconquista il primo novembre. Alla richiesta di alzare bandiera bianca i partigiani risposero issando il tricolore sul duomo cittadino. La difesa a oltranza non era possibile: i fantasmi della morte sarebbe ritornati, le colonne fasciste sarebbero entrate in città attaccando da sud e, superato il Tanaro, sotto una pioggia fitta e battente, i partigiani sarebbero stati costretti a ripiegare sulle colline. Quella pioggia battente che non perdona imperversa nel monologo Io partigiano, recitato da un bravissimo Stefano Muroni. Pare di essere avvolti solo da lei, persi nella sua foschia. Una pioggia che si mescola con sudore, gemiti e lacrime, che è essa stessa lacrima amara e sudore acre, respiro vecchio, stanco e stantio. Il fango dal colore cupo avvolge le vite e le lotte dei partigiani, stremati nel dover sparare, nel sapere di doverlo fare, nel cercare di fuggire, nel salire verso colline che diventano ripide come montagne invalicabili.

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Si sente la fatica, in queste parole di Muroni, coinvolgenti, forti, intense, quasi urlate, perché contro la guerra non si può certo sussurrare. Si sente la fatica fisica, nel torace che ansima, negli occhi che guardano il passato, ma si sente chiaramente anche quella di una mente che non comprende, che si domanda perché, che cerca di guardare il cielo. Un cielo che resta comunque grigio, che piove amare lacrime di sangue, che trasuda la bile di nuvole arrabbiate. Non si distingue più il sangue dal pianto, le lacrime del cielo da quelle dell’uomo. Tutto è caos, domande senza risposte, fatica. E che fatica questa libertà. (video in http://www.treccani.it/webtv/videos/voci_res_muroni.html)

Grande difficoltà abbiamo impiegato nella visione del terzo episodio interpretato da Stella Egitto, Il maggio del peccato, la storia dell’orrendo crimine di guerra perpetrato dall’avanzata delle truppe francesi in Ciociaria nel maggio 1944. La storia di uno stupro collettivo di migliaia di donne italiane tra gli 8 e gli 85 anni. Durissimo da affrontare, durissimo avvicinarsi e ascoltare le parole di una donna che, come tante in tante guerre e in tante parti del mondo, subiva una violenza inaudita. Difficile immaginare come quei goumiers del Corpo di Spedizione Francese in Italia, agli ordini del generale Alphonse Juin, dopo aver sfondato per primi i capisaldi della Linea Gustav, consentendo agli Alleati di avanzare fino alla successiva linea di difesa predisposta dai tedeschi (la Linea Adolf Hitler) una volta superata la linea nazifascista, avessero proseguito la loro marcia verso i Monti Aurunci scatenandosi, con ferocia inaudita, contro la popolazione italiana. Molte donne vennero stuprate, torturate e uccise, analoga sorte spettò a diverse centinaia di uomini. A Esperia, il parroco, don Alberto Terilli, cercò di fermare quello scempio disumano ma fu legato e anch’esso violentato, morendo due anni dopo per le conseguenze degli abusi. Gli ufficiali francesi, che avrebbero dovuto tenere a freno i soldati, chiusero gli occhi, per timore, convenienza, disinteresse o complicità. A denunciare all’opinione pubblica quanto accadde in Ciociaria fu Alberto Moravia. Nella Ciociara (1957) raccontò quello che nessuno allora voleva sentire. Quello che oggi si fa ancora fatica a credere, immersi nell’incredulità, nella tristezza e nel ribrezzo terrificante che la recitazione di Stella Egitto trasmette. Il film di Vittorio De Sica, poi, tratto dall’omonimo romanzo e interpretato da Sophia Loren, vinse nel 1962 il premio Oscar. Si tratta di un episodio oscuro come sicuramente tanti altri analoghi di una guerra spietata, difficile da accettare e digerire. Ma non per questo da ignorare. In un’interpretazione fortissima come quella della giovane Stella Egitto, che chiude gli occhi davanti a un’umanità che se ne è andata, che è morta, immersa e (dis)persa nel buio. (video in http://www.treccani.it/webtv/videos/voci_res_stella.html).

Nell’ultimo episodio Senza terra, recitato da Giorgio Colangeli, si ripercorre, invece, la storia di quell’esercito di “senza terra” che aveva combattuto contro i totalitarismi del Novecento, un’odissea iniziata nel 1939 col Patto Ribbentrop-Molotov e la successiva spartizione della Polonia, passata per la Siberia, la Persia, il nord Africa e conclusasi in Italia. Nella Polonia occupata dai nazisti, i polacchi furono, infatti, deportati o massacrati, mentre nella Polonia orientale furono vittime del comunismo sovietico: massacrati nella foresta di Katyn o deportati nei gulag. Liberati da Stalin in seguito all’attacco tedesco della Russia nel giugno 1941, essi costituiranno nel 1943, in Iraq, il II Corpo d’Armata. Da lì saranno trasferiti in Palestina e poi in Egitto, in un girovagare continuo e senza fine, e, tra il dicembre dello stesso anno e l’aprile del 1944, in Italia, per partecipare alla Campagna d’Italia, inquadrati nell’VIII Armata britannica. I polacchi, guidati dal generale Anders, si rivelarono decisivi per vincere la quarta battaglia di Montecassino, liberarono Ancona e tutta la fascia costiera, fino a Bologna, entrandovi per primi all’alba del 21 aprile 1945. Nella recita di Colangeli si sente il buio impietoso della stanza, la vacuità di parole scritte su una lettera al padre che non sarebbe mai arrivata, il freddo della paura, il sudore del terrore, le gocce di rugiada che cadono svenute al suolo, il gelo della Russia che non sarebbe mai stato riscaldato, insieme a un gelo di tanti perché senza risposte.

«Per la nostra e la vostra libertà noi soldati polacchi demmo l’anima a Dio, i corpi alla terra d’Italia, alla Polonia i cuori». Sono le parole incise da un affaticato e disperato soldato polacco sull’obelisco del Monte Calvario, nei pressi di Montecassino, in memoria dei caduti del II Corpo d’Armata. Uomini che si domandavano perché e soprattutto se e quando sarebbero mai tornati a casa. Senza una meta, senza una terra. (video in http://www.treccani.it/webtv/videos/voci_res_colangeli.html).

Francesca Valtorta. Cresciuta presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, esordisce nel 2010 nel film Baciami ancora, di Gabriele Muccino. Nel 2011 recita ne Il commissario Manara 2 su Rai 1. Nello stesso anno prende parte al cast di R.I.S. Roma 2 — Delitti Imperfetti (Canale 5), e recita nella fiction Rai Che Dio ci aiuti. Nel 2012 è Gloria nel film Immaturi — il viaggio, nel 2013 è impegnata nelle riprese della sesta stagione di Squadra antimafia — Palermo oggi, nel 2014 nella seconda stagione di Braccialetti Rossi.

Stefano Muroni. Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, con Giancarlo Giannini, è presentatore ufficiale del Giffoni Film Festival (categoria +10). Attore protagonista del cortometraggio 30 e lode, menzione speciale della giuria al Festival Internazionale di Terni, è protagonista nel corto Tommaso, con Monica Guerritore e Giulio Brogi. Nel 2015 è attore protagonista nel film sul terremoto d’Emilia, La notte non fa più paura. Nel luglio dello stesso anno, vince il Telesio d’Argento come attore rivelazione.

Stella Egitto. Dopo aver studiato alla Accademia Nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico di Roma, è stata impegnata nella tournée teatrale con Gianmarco Tognazzi, con lo spettacolo “Un nemico del popolo” di Ibsen, con Edoardo Erba e Armando Pugliese. Nel 2012 è nelle sale italiane con il film di Giovanni Vernia “Ti stimo fratello”.

Giorgio Colangeli. Inizia la sua carriera di attore nel 1974. Tra i suoi lavori figurano i film Pasolini, un delitto italiano (1995), regia di Marco Tullio Giordana e La cena (1998), regia di Ettore Scola, e il film L’aria salata (2006), per cui vince il David di Donatello 2007. Nello stessi anno è interprete della serie televisiva Distretto di polizia 7 e della miniserie tv di Rai 1 Rino Gaetano — Ma il  cielo è sempre più blu. Nel 2008, al cinema, interpreta Salvo Lima del film Il divo di Paolo Sorrentino. Nel 2012 è nel cast di Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana e nel 2014 prende parte alla miniserie televisiva Non è mai troppo tardi.

Giuseppe Muroni. Giovane storico ferrarese, diplomato al Liceo Classico Ludovico Ariosto di Ferrara si laurea nel 2009 in Lettere Moderne all’Università di Ferrara. Nel 2012 consegue la laurea magistrale in Scienze Storiche all’Università di Bologna. Attento alla memoria e ai suoi luoghi, alle storie contese, alla digital history e alla cultura in generale.

Immagini, per gentile concessione di Giuseppe Muroni.

Testi pubblicati anche in www.ferraraitalia.it

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